mercoledì 14 dicembre 2016

La Cava della Chiappella ed il Matitone






Foto di Paolo Campora


Eccolo, il Matitone, brutto ma simpatico.  Oggi caratterizza il paesaggio genovese, svettando alto e tozzo, sgraziato, un pò buffo, ma, in fondo simpatico.  Svetta su un pezzo di Genova che non definiremmo bello nemmeno con gli occhi del cuore.

Infatti il Matitone, troneggia su una modesta, vecchia, palazzata di edilizia popolare del 1800 e nasconde come può l'orrenda cicatrice della "Cava".  Quella specie di anfiteatro di ripido cemento che si intravede dietro al Matitone, è infatti quel che rimane dell'enorme scavo compiuto a spese della collina retrostante la Chiappella.
Con quei massi e quelle pietre hanno costruito i moli che hanno fatto grande il porto di Genova, lasciando però quella immane cicatrice, mai rimarginata,  nel cuore del quartiere.


Qui vediamo la Cava e la palazzata  dietro alla quale sorgerà il Matitone

Fine 1800 la Chiappella

 Schema della cava da un disegno acquarellato dell'ing. Pietro Giacone 1880

da: "Settant'anni di autonomia del porto di genova 1903-1973" Sagep ed.



Ma torniamo al Matitone, tozzo, dicevamo con le sue righe orizzontali che ne accentuano la larghezza a scapito dell'altezza, quasi che l'architetto si fosse pentito di aver messo su tanti piani e volesse farlo sembrare più largo che alto.

Foto dal Web


Il Matitone è opera recente, del 1992, con i suoi 26 piani raggiunge i 109 metri, superando così anche la Torre Piacentini (108 metri) e gareggia con il "Bigo del Porto Antico"  per cercare di rubare alla Lanterna il titolo di "simbolo della città"

Cosa c'era prima del Matitone lo abbiamo visto nella foto precedente, quella della cava con pochi edifici intorno, tutti colorati, una visione quasi allegra.

Prima ancora, come vediamo nella immagine che segue, c'era una cresta collinare ininterrotta che arrivava fino al mare. Rare case, qua e là, ed il monastero di San Benigno.

 dettaglio della veduta di Gio.D.Rossi -.1643 -  SAGEP -  Porto di Genova




Ma ora proviamo a guardare la cava un poco più da vicino e ci appare tutta un'altra visione, squallida, quasi apocalittica: rocce spezzate, fumo, macchinario e strutture di ferro.
La cava ospitava infatti la sua centrale elettrica ed una fabbrica di cemento, con le loro inquinanti ciminiere. 

foto archivio CAP


Vi venne costruita anche una stazione elettrica di trasformazione della corrente al servizio delle ferrovie del porto.

Poi venne la stagione dei grandi progetti.
Quasi contemporaneamente tra il 1927 ed il 1935 la parte meridionale della cava e buona parte della collina di San Benigno vennero spianate per realizzare tre grandi vie di collegamento Via Di Francia, via Cantore e Lungomare Canepa.
Sampierdarena perdeva così il suo millenario isolamento. Nella nostra mappa del TCI del 1916 vediamo via di Francia in progetto (provvisorio), a fianco delle officine elettriche delle FFSS. 

cartina TCI 1916


La decisione di eseguire il taglio di via di Francia venne presa nel 1900, riapprovata nel 1925 e finalmente nel 1929 l'importante opera fu portata a termine . Qui i lavori dal lato di Sampierdarena.

 da GENOVA SCOMPARSA -  ed. MONDANI

Il taglio visto da levante
cartolina ristampata da Mangini



Contemporaneamente agli scavi, con il materiale di risulta, si costruivano i nuovi moli del bacino di Sampierdarena. Qui siamo nel 1931, a via di Francia ormai compiuta e si continua a scavare sia alla Chiappella che sotto le caserme di San Benigno.

Archivio Regione Liguria


Nel 1935 arrivò la camionale con l'elicoidale ed a quel punto la parte terminale della cava era sparita mentre la parte iniziale veniva "tamponata" e consolidata da una colata di cemento.

archivio CAP



Come anticipato poche righe fa, nel 1935 veniva completata anche via Cantore (poi inaugurata ufficialmente nel 1938 da B.Mussolini) e si completava così lo spianamento della Cava.  Un pezzetto del colle di S.Benigno con i ruderi delle Caserme resistette ancora fin dopo la guerra, ma questa è un'altra storia.

costruz. di v. Cantore1931 da GENOVA SCOMPARSA - ed. MONDANI


Concludiamo con la visione attuale offerta da "Google map" e scomettiamo che il buon Gio D. Rossi, se potesse vederla, non riconoscerebbe nell'attuale la "sua" Genova  del 1643.




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