giovedì 13 giugno 2013

Il Porto al lavoro - i mezzi tradizionali




Fino alla fine del 1800 il porto ci sarebbe sembrato un ammasso caotico di imbarcazioni.
Infatti le navi erano tante e gli ormeggi in banchina pochissimi.
Quindi la rada interna era molto affollata.
Ad un osservatore poco pratico di cose di mare quell'assembramento di navi, chiatte e barche di tutte le dimensioni sarebbe parso un caos. Ma era un caos ben organizzato.

Cartolina Ed. Negro - non circolata


Un caos ben organizzato , perchè , a ben guardare, le navi erano ormeggiate in file regolari ad apposite boe ed avevano almeno un fianco libero per poter svolgere le operazioni commerciali su chiatte.


Cartolina Ed. non rilevato - non circolata

Già, le chiatte.  Le chiatte erano  l'uovo di Colombo che permetteva al porto di funzionare.
Ce n'erano di tutte le dimensioni e forme : chiuse, aperte, pontoni .... qui sopra ne vediamo in primo piano alcune  piuttosto particolari  ma la classica chiatta era un largo barcone in legno senza alcuna struttura che veniva coperto solo con un telone cerato. 
Le chiatte erano il  "motore" del porto:  servivano a portare le merci a terra dalle navi in rada e viceversa ed erano anche utilizzate come magazzini galleggianti.

Ve n'erano tante , un vero "mare di chiatte" come vediamo nella immagine che segue.

Cartolina Ed: Fotocromo Milano -
La foto qui sopra , oltre al "mare di chiatte prospicente il Molo Vecchio ci mostra un interessante scorcio di città tra l'Annunziata ed il Carmine.


 Ho poch'anzi detto che le chiatte erano il "motore" del porto ma non è esatto, il vero "motore"  del porto erano le braccia umane.  Già, le braccia, perchè a forza di braccia si caricavano e scaricavano sacchi, casse, bauli, botti, balle di lana e pelli, e quant'altro potesse essere maneggiato da una o più persone . Qui vediamo i "caravana" che caricano merce in sacchi  da un carretto ad una chiatta di tipo classico (notare il telone arrotolato sulla traversa in legno che lo sostiene). Sullo sfondo, a destra vediamo una chiatta carica coperta dal suo telone

Copertina di Pubblicazione Periodica 


"Coffinanti"  al lavoro.
I coffinanti trasportavano a spalla le "coffe" ovvero recipienti in genere di vimini dove venivano messe le mersci "sfuse"  (in polvere o granelli) ovvero carbone , caolino, zolfo etc che potevano arrivare al peso di 100 chili.
Le coffe venivano riempite manualmente e trasportate a spalla a mezzo di precarie passerelle che univano la nave (o la chiatta) alla banchina. Qui vediamo, in una tela di  G.Pennasilico il trasporto di caolino da una chiatta alla banchina

da:  G.Pennasilico Una Storia Dipinta ed ggallery



Anche il carbone veniva sbarcato dalle navi sulle chiatte e da queste trasportato a terra da operai muniti di "coffe"
Tela di G.B.Costa -  Civica Galleria d'Arte Moderna - Genova

Ed. SAGEP- Porto di Genova storia e attualità

Altra immagine di "coffinanti" al lavoro.  Non siamo nel Medio Evo ma nel 1936, l'altro ieri .
La nave è in ferro, dotata di verricelli a vapore. Non lavora in rada ma è già ormeggiata alla banchina, con i vagoni sottobordo pronti a ricevere il carico. Ma il sistema è lo stesso: con il bigo di carico si tirano su le coffe dal fondo stiva fino al ponte di coperta dove i coffinanti se le caricano in spalla e vanno a versarle nei vagoni in attesa in banchina. Si risparmia il passaggio via chiatta ma le spalle e le braccia sono ancora sempre il motore del porto.


In stiva il lavoro più malsano:  si riempiono le coffe, al chiuso, caldo, aria viziata e polvere, tanta polvere di carbone che entra dappertutto .... chi non c'è stato non può capire.

foto da:  Autorità Portuale di Genova - Archivio Storico - Il Porto visto dai fotografi - a cura di Danilo Cabona e Maria Grazia Gallino - ed. Amilcare Pizzi



In coperta quello più duro: una coffa piena può pesare 100 chili .... bilanciati bene il centro di gravità e stai attento a dove metti i piedi....

foto d'epoca -1936 da Il Porto Frainteso di Macciò e Migliorino ed.Costa&Nolan

..... ed in cima alla passerella c'è uno che ti aiuta a versare il carico nel vagone, senza perdere la coffa o finirci dentro.....
scarico carbone 1936 da Il Porto Frainteso di Macciò e Migliorino ed.Costa&Nolan

Non solo, ma il carico viene anche pesato, in coperta, coffa per coffa, prima di essere scaricato nel vagone.
A questo provvedono i "pesatori", con l'apposita stadera "spelleggiata", mentre un "commesso" prende nota del peso di ciascuna coffa.

foto da:   Autorità Portuale di Genova - Archivio Storico - Il Porto visto dai fotografi - a cura di Danilo Cabona e Maria Grazia Gallino - ed. Amilcare Pizzi



Ma torniamo un pò indietro nel tempo con questa immagine della Darsena (e Ponte Reale) nel 1910 con le merci sui carretti pronte per essere caricate sulle chiatte in attesa a bordo banchina. 

Cartolina Ed. Mangini - non circolata



Quasi la stessa scena vista dal mare, con le chiatte piene di merci accostate alla banchinaed un veliero ormeggiato al "quartiere"  Cembalo

Darsena e Ponte Reale - cartolina di EBG-GPM sped. 1916



In questa panoramica del porto del 1909 abbiamo in primo piano Ponte Colombo con la Calata Chiappella e possiamo vedere che lungo la banchina si caricano e scaricano le chiatte, già con l'ausilio di piccole gru di banchina, mentre i piroscafi sono ormeggiati sulla testata del molo e svolgono le loro operazioni su chiatta (si vede chiaramente la chiatta sottobordo)
Davanti al Molo Vecchio si vedono ormeggiate  le chiatte coperte dal telone cerato.

Cartolina Ed.Trenkler Lipsia - Sped. 1909




In questa immagine vediamo al centro  due chiatte vuote (scoperte) trainate da un rimorchiatore  ed a sinistra della immagine un pontone di carico galleggiante  e sulla destra tre grue di banchina.

Cartolina Ed: B&C Zurigo

Già, il pontone.  Con questo siamo arrivati a mostrare i mezzi meccanici di sollevamento.
Abbiamo detto che le braccia dei caravana e dei camalli erano il vero motore del porto, ma non tutti i carichi erano a "misura d'uomo" .  Pesanti macchinari, blocchi di marmo, etc non potevano essere "camallati"  ma dovevano essere spostati con apposite "macchine".

Macchine, anche ingenieristicamente complesse che però, fino al 1800,  erano mosse dall'energia "umana".
Erano comunque le braccia (o le gambe) degli uomini che facevano muovere i paranchi per sollevare i grandi pesi, come vediamo in questo particolare da una tela di Dionisio De Martino del 1575 che "descrive" il dragaggio del Mandraccio e ci  mostra un pontone dell'epoca con la grande ruota che serviva da "motore" per l'argano.
Lo stesso sistema era usato dalle draghe dell'epoca che con il  "paranco"  manovravano un apposito strumento a cucchiaio con il quale "raspavano" il fondo prelevandone il materiale.

2aca Dragaggio del Mandraccio nel 1575 tela di Dionisio de Martino  Genova civico Museo Mavale Sagep Porto di Genova tra Molo e ponte Cattaneo


Qui invece  vediamo due pontoni galleggiati a motore impegnati nei lavori di ampliamento del porto che mettono in opera sul fondale pesanti blocchi di pietra o di cemento agli inizi del 1900.

Cartolina Ed. non rilevato - spedita 1904

Qui due pontoni ormeggiati insieme ad altre imbarcazioni.

Cartolina Ed. non rilevato - sped 1909

Anche in questa immagine senz'altro più antica delle precedenti ma purtroppo non datata vediamo un pontone di sollevamento ( e, sulla sinistra, un battello a ruota)
Il vascello Militare (con cannoni) in primo piano sta sollevando, con i propri mezzi, un carico dalla chiatta ferma sottobordo.

Copertina di Pubblicazione Periodica

Due immagini di Calata S.Lazzaro.
La prima con la calata in costruzione

Copertina di Pubblicazione Periodica




Qualche anno dopo Calata S. Lazzaro con chiatte e grue di banchina.  Al centro della foto vediamo la ciminiera della stazione principale che forniva liquido (acqua saponata) sotto pressione per far funzionare le gru idraulicheche vediamo nel porto.
C'erano poi delle sottostazioni in vari punti del porto che mantenevano costante la pressione con un sistema "a gravità" (spiegato in poche parole, ma ci vorrebbe un post a parte per descrivere come era strutturato e come funzionava questo sistema, che è nato nel 1880 ed rimasto in funzione con buoni risultati fino agli anni 1960)

Cartolina Ed. Brunner Como - non circolata

Inizia l'epoca della meccanizzazione del lavoro che sfocerà nella realizzazione dei grandi elevatori per le rinfuse ed i terminals containers. Meccanizzazione  che da un lato renderà meno pesante il duro lavoro dei "camalli" ma dall'altro porterà alla riduzione della manodopera impiegata.
I mezzi meccanici hanno reso più facile e molto più salubre il duro lavoro nel porto ma in un certo senso lo hanno disumanizzato.
Forse pochi saranno daccordo con me quando dico che in un certo senso c'era più "umanità" nel duro lavoro del "coffinante"  che in quello del gruista su una supertecnologica struttura odierna.


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